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"Minimalismo" ed "Animismo": basterebbero due parole per definire l'arte di Kan Yasuda, due parole che - prima di essere chiavi di critica estetica - sono concetti filosofici ed anche religiosi. Minimalismo, in arte, vuol dire ridurre il linguaggio all'essenziale, al "minimo" appunto. Basta poco per significare pensieri ed emozioni. I poeti giapponesi dei grandi secoli sapevano comporre poesie perfette, di pochi versi e di poche parole [...]. Yasuda realizza forme pure, depone nelle città, con umiltà ed attenzione infinite, segni di immodificabile assolutezza. Le opere di Yasuda - ecco l'"Animismo" condizione profonda anche quando inconscia della cultura orientale - si collocano nello spazio come presenze vive e in un certo senso sacre. Sembrano chiedere al riguardante contemplazione e silenzio. Un dio, probabilmente, abita gli oggetti in marmo di Yasuda. È questo "Animismo" di Yasuda, la sua capacità di riconoscere e significare l'anima delle cose attraverso il segno essenziale e la forma pura. I bambini accarezzano il grande sasso e i fidanzati si fanno fotografare dentro la cornice di marmo. È un buon segno. Vuol dire che la gente ha capito la poetica arte di Kan Yasuda, maestro di sapienza e di bellezza. (Antonio Paolucci).